Fonte: Aspetti della vita quotidiana, Istat.
È un grafico che va letto con attenzione: i lavoratori “poco” o “per niente” soddisfatti dal proprio lavoro sono decisamente la fetta più piccola di popolazione, pur coprendo oltre 4 milioni di persone, e dunque un dato importante, ma per capire davvero il quiet quitting suggeriamo di soffermarsi a guardare le grandi barre blu. È accettabile che l’attività cui dedichiamo la metà della nostra vita da svegli sia “abbastanza soddisfacente”? A logica, la risposta corretta è no e anche in questo caso il trauma della pandemia ha fornito la spinta per tante persone a farsi più domande rispetto al proprio benessere e alla propria salute mentale. Oggi sono 7 su 10 le persone che ritengono siano necessarie strategie di supporto psicologico a livello collettivo, mentre prima della pandemia erano 2 su 10. Il bonus psicologo erogato nel 2022 ha accettato circa 41mila domande, poco più di un decimo delle domande totali presentate, che hanno sfiorato le 400mila. Il segnale è quello di un bisogno forte, che leggiamo anche nei risultati dell’indagine Aidp secondo i quali il 25% delle persone che si sono dimesse nel 2021 lo ha fatto per cercare un nuovo senso di vita.
E dunque, tornando al grafico proposto, l’enorme bacino di individui non pienamente soddisfatti della propria attività lavorativa devono rappresentare un segnale d’allarme dal quale partire per impattare in maniera positiva e cercare di minimizzare il numero di effettivi o potenziali quiet quitters.
i dieci indicatori per un lavoro dignitoso
In linea con l’obiettivo 8 dell’Agenda 2030, “Lavoro dignitoso e crescita economica”, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha elencato nella Decent Work Agenda dieci indicatori per il lavoro dignitoso. Tra questi troviamo retribuzioni adeguate, orari di lavoro dignitosi, equilibrio tra famiglia, lavoro e vita personale, dialogo, ambiente di lavoro stabile e sicuro, eccetera. I punti di contatto tra la lista ILO ed i punti d’attenzione sui quali spinge a riflettere il fenomeno del quiet quitting sono molteplici e stanno ad indicare un processo di cambiamento in atto rispetto alla percezione che le persone hanno del senso del lavoro e dell’attività lavorativa in generale.
il quiet quitting costa caro alle aziende
Per capire subito l’entità del fenomeno il dato più significativo è quello che emerge da un’indagine di Gallup, società di analisi e consulenza statunitense, che quantifica in 7,8 miliardi di dollari l’impatto globale in termini di produttività perduta a causa dei dipendenti poco coinvolti o non coinvolti per una percentuale dell’11% sul PIL globale.
rimodellare il mercato del lavoro
Le caratteristiche che abbiamo cercato di riportare in questa nota per tracciare i contorni del fenomeno in analisi sembrano davvero indicare che il quiet quitting è un atteggiamento di crisi più motivato da un conflitto con le modalità e le circostanze che riguardano l’attività lavorativa che la propria professione in sé. Le modalità per affrontarlo devono essere differenti a seconda dell’intensità con la quale questo si manifesta.
Dal lato dei manager certamente la distanza può contribuire ad accrescere la separazione tra valori condivisi e coinvolgimento tra azienda e lavoratore. In questo caso è importante che i leader acquisiscano le competenze adeguate per guidare e fornire supporto a team che operano in spazi ibridi diversi dal classico ufficio. Devono altresì essere consapevoli delle differenze generazionali ed utilizzare approcci differenti affinché il loro lavoro sia efficace.
Dal lato dei lavoratori è importante ricordare che chiedere aiuto a volte può rivelarsi la strategia più semplice. Le buone aziende prevedono operazioni di ascolto e supporto. Laddove ciò non fosse possibile è importante sapere che vi sono enti sul territorio che si dedicano a questo tema e che probabilmente non sono abbastanza conosciuti o fruiti. Secondo una ricognizione OECD, nel 2020, tra la platea di disoccupati in Italia, e dunque persone che cercano attivamente lavoro, soltanto il 25% ha scelto di rivolgersi ad un centro per l’impiego eppure è un servizio che, al pari di quello delle agenzie per il lavoro, viene fornito a titolo gratuito ai lavoratori.
In ottica generale il quiet quitting sta lanciando certamente il segnale di una crescente pressione psicologica sulle nuove generazioni, per le quali elementi come l’allineamento dei propri interessi, il benessere, l’atmosfera lavorativa stanno acquisendo valore ponendosi a livelli di pari importanza con un’equa e soddisfacente retribuzione, che pur continua a rimanere necessaria tra le richieste.