quanto ci costa (e ci costerà) il mancato rientro dei cervelli?

Cervelli in fuga, controesodo, espatriati, impatriati: quanti sono i laureati che ogni anno l’Italia perde in favore dell’estero e che non vengono compensati da flussi migratori analoghi in entrata? Tanti, probabilmente molti di più di quelli che vengono stimati, e causano al Paese una perdita pari a 38 miliardi di euro. Perdita che per un Paese anziano in pieno inverno demografico rappresenta un serio problema. In questa nota proviamo a ricostruire i principali passaggi normativi relativi al “rientro dei cervelli” e ad analizzare, con il professor Giorgio Brunello, le diverse stime che vengono effettuate per calcolare la dimensione del fenomeno.

18.11.2023

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La possibilità di modifica delle attuali norme in vigore in merito al rientro in Italia dall’estero di persone altamente qualificate hanno fatto molto discutere. Come dichiara con chiarezza l’ultima edizione del rapporto Migrantes, l’idea che l’Italia sia passata dall’essere un Paese di emigrazione all’essere un Paese di immigrazione è del tutto errata: i numeri parlano chiaro e continuano a confermare che il saldo migratorio del nostro Paese è negativo, le risorse umane che lasciano il Paese sono superiori a quelle che vi entrano. Considerato ciò, il secondo punto da affrontare è la qualità di tali movimenti, un argomento dai confini ben più nebulosi poiché dal punto di vista del mercato del lavoro risulta rilevante anche il livello di istruzione e qualifica degli individui coinvolti.

Partiamo innanzitutto con l’osservare i principali punti del quadro normativo, e come questo è stato modificato, a partire dai primi riferimenti specifici inerenti il tema del “rientro dei cervelli”.

2003: Articolo 3 del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269

La prima iniziativa adottata è rappresentata dall’Articolo 3 del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, che si applicava, per la durata di 4 anni, a “ricercatori o possessori di titolo universitario o equiparato non occasionalmente residenti all'estero” che avessero svolto “documentata attività di ricerca all'estero presso università o centri di ricerca pubblici o privati per almeno due anni continuativi” e che fossero tornati a svolgere la propria attività in Italia, trasferendovi la propria residenza. La misura prevedeva per tali soggetti un imponibile pari al 10% ai fini delle imposte dirette, e i loro redditi venivano inoltre esclusi dalla formazione del valore della produzione netta dell'imposta regionale sulle attività produttive.

2010: principali modifiche introdotte con il “Controesodo”

Con la Legge 30 dicembre 2010, n. 238, cosiddetta “Controesodo” i benefici vengono da un lato estesi a tutti i laureati che studiano, lavorano o hanno conseguito una specializzazione post laurea all’estero. Dall’altro lato la platea dei beneficiari viene delimitata ai più giovani applicando la condizione di nascita avvenuta dopo il 1969. Vengono aggiunti l’obbligo di rimanere in Italia per almeno due anni e quello di avere avuto in precedenza la residenza in Italia per almeno 2 anni. L’esenzione IRPEF passa dal 90% al 70% per gli uomini e l’80% per le donne.

2015: principali modifiche introdotte con il Decreto Legislativo “Impatriati”

Con il Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 147 vengono effettuate ulteriori modifiche alle condizioni di accesso. Ai beneficiari si richiede laurea e 2 anni di permanenza all’estero oppure, in alternativa, alta specializzazione e 5 anni di permanenza all’estero. Quest’ultimo aspetto apre per la prima volta le porte dei benefici anche a soggetti non laureati. Viene rimosso il precedente limite di età. L’esenzione viene fortemente ridotta e portata al 50% (30% per il 2017).

2019: principali modifiche introdotte con il “Decreto Crescita” attualmente in vigore

Il 2019 vede la conversione in legge (n.58) del Decreto Legge 34 del 30 aprile 2019, contenente la normativa attualmente applicata. L’esenzione IRPEF viene nuovamente innalzata e portata al 70% (90% per chi si sposta al Sud e 50% per gli sportivi) con possibile estensione della durata che da 5 anni può arrivare fino a 13 anni.

2023: cosa potrebbe cambiare con il Decreto Anticipi

Se dovesse diventare effettivo il Decreto Legge approvato in esame preliminare il 16 ottobre 2023, gli sgravi fiscali relativamente al rientro in Italia per dipendenti ed autonomi passerebbero a riguardare i lavoratori con elevata specializzazione, con detassazione portata al 50% (così com’era stato previsto con il D. Lgs. “Impatriati”) e gli sgravi sarebbero limitati ad un massimale imponibile fino a 600mila euro. La durata della misura sarebbe limitata a 5 anni, eliminando dunque l’attuale possibilità di proroga. Cambierebbero poi i prerequisiti relativi alla precedente residenza all’estero, che da almeno 2 anni di imposta passerebbero a 3 e l’obbligo di permanenza successiva, che da almeno 2 anni passerebbe a 5. Si aggiungerebbe poi l’obbligo, per chi ritorna in Italia, di lavorare in un’azienda differente rispetto a quella per la quale si lavorava all’estero.

Come abbiamo visto, l’andamento dell’ultimo decennio ha visto misure oscillanti. L’eventuale applicazione delle modifiche abbozzate per il 2024 si inserisce nel quadro del tutto non lineare rispetto al tema. Come dicevamo in introduzione è tuttavia opportuno quantificare a quanto ammonta il fenomeno, ovvero quanti sono i soggetti potenzialmente interessati da tali misure.

Andamento dell’emigrazione di laureati nel decennio 2012-2021, conteggi da fonte Istat

Tra il 2012 e il 2021 gli italiani espatriati sono stati più di un milione, di cui circa 1 quarto in possesso di laurea, secondo le rilevazioni Istat. La differenza tra i rimpatri e gli espatri dei giovani laureati è costantemente negativa e restituisce una perdita complessiva per l’intero periodo di oltre 79mila giovani laureati, principalmente diretti verso Paesi dell’Unione Europea. Tra le mete preferite troviamo al primo posto la Germania (12mila), seguita da Svizzera (9mila) e Francia (8mila), possiamo dunque ipotizzare una preferenza per i primi Paesi a disposizione per vicinanza. Il Paese in assoluto preferito è stato tuttavia, nel decennio in analisi, il Regno Unito, con una perdita complessiva di 19mila unità accelerata a partire dal 2016 per effetto della Brexit che ha fatto aumentare la richiesta di iscrizioni all’AIRE per i giovani già presenti sul territorio inglese prima che si finalizzassero le pratiche per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Nel 2021, secondo le stime Istat, il calo generale degli espatri ha riguardato anche i laureati (-21% di laureati espatriati rispetto all’anno precedente). Tale tendenza, unitamente all’aumento dei rimpatri, ha determinato un saldo migratorio eccezionalmente basso, con una perdita di laureati non superiore alle 7mila unità.

Andamento dell’emigrazione, conteggi da fonte OCSE

L’osservazione dell'andamento migratorio effettuato da OCSE offre uno sguardo sui movimenti di capitale umano in entrata e in uscita a livello internazionale. Addizionalmente, OCSE amplia le sue stime prendendo in considerazione nei conteggi anche chi si sposta per periodi di tempo limitati. Le tante prospettive dalle quali si possono osservare gli andamenti migratori portano a risultati diversi tra loro. Ad esempio, secondo i calcoli Istat menzionati nel precedente paragrafo, al primo posto in assoluto come meta estera per gli emigrati italiani troviamo l’Argentina, mentre secondo il conteggio OCSE (che aggiunge le emigrazioni temporanee), relativo all’anno 2022, troviamo la Spagna.

La quarta ondata migratoria

Un recentissimo studio promosso da Fondazione Nord Est ha ipotizzato una sottostima relativa ai flussi migratori giovanili complessivi in uscita per il decennio corrente. La correzione è stata effettuata aggiungendo alle fonti Istat e Eurostat l’utilizzo diretto delle anagrafi estere unitamente all’analisi dei big data forniti dai social media. Tale analisi è arrivata a conteggiare una grande sottostima del numero degli espatriati, che sarebbero in media un numero 3 volte superiore rispetto a quello stimato da Istat e pari a 1,3 milioni nel decennio 2011-2021, con numeri dunque analoghi a quelli dei flussi relativi agli anni ‘50. Un calcolo dello stesso studio relativo esclusivamente ai laureati che abbandonano l’Italia stima, per il decennio in esame, una perdita di capitale umano pari a 38 miliardi con effetti a cascate sulla capacità di innovazione delle imprese, sulla sostenibilità del debito pubblico e sulla capacità di crescita potenziale del Paese nel suo complesso.

Un commento del professor Giorgio Brunello

Giorgio Brunello, professore di politica economica presso l’Università di Padova, ritiene che sia ragionevole ipotizzare che i dati Istat siano una sottostima dei flussi effettivi, visto che sono tanti gli italiani che si trasferiscono all’estero mantenendo qui la residenza. Le ragioni possono essere molteplici e certamente influisce molto anche la possibilità di poter beneficiare del nostro sistema sanitario.

Brunello ha anche commentato la stima fatta dalla Fondazione Nord Est sulla perdita di capitale umano che l’Italia ha subito a causa del flusso di laureati che emigrano, pari a 38 miliardi.

Questa cifra è stata calcolata moltiplicando il numero di persone che va via per il costo sostenuto nel farle nascere e crescere, nell’educarle e nel curarle dall’utero materno fino alla laurea universitaria.

 

Secondo Brunello, 38 miliardi sono il costo sostenuto per formare i laureati che emigrano, non la perdita di capitale umano dovuta all’emigrazione. Il primo è un costo “affondato”, che l’Italia ha sostenuto indipendentemente dalla destinazione dei laureati. La seconda è quanto l’Italia ha perso a causa dell’emigrazione.

Consideriamo ad esempio la seguente ipotesi controfattuale: se i laureati emigrati fossero rimasti in Italia, avrebbero prodotto reddito pari a 45 miliardi. In tal caso, l’Italia avrebbe recuperato i 38 miliardi di costo. Poiché però i laureati sono emigrati, questi 45 miliardi sono svaniti. La perdita per l’Italia è pari a 45 miliardi, e non c’è nessun recupero dei 38 investiti. 

Ma è probabile che i laureati italiani, se fossero rimasti, sarebbero stati occupati in lavori non adeguati alla loro formazione, o non sarebbero stati occupati affatto. In tal caso, avrebbero prodotto molto meno, ad esempio 10 miliardi. In questo caso, la perdita per l’Italia dovuta all’emigrazione è pari a 10 miliardi.

In sostanza, la perdita di capitale umano è data da quello che i laureati italiani avrebbero prodotto se fossero rimasti in Italia. Minori sono le opportunità di occupazione fornite dal nostro paese ai giovani laureati, minore è la perdita economica nel caso in cui emigrino.

Naturalmente, minori sono le opportunità, maggiori i flussi in uscita.

Se lo stato anticipasse razionalmente che formare laureati costa ma produce poco, potrebbe decidere di formare meno laureati (che tanto non servono all’economia), oppure potrebbe cercare di fornire opportunità economiche che riducano l’incentivo ad andarsene. Quest’ultima è una strada complicata e lunga, che richiede molta lungimiranza politica.

Conclusioni

L’andamento storico delle norme relative alla fuga dei cervelli ha subito un decorso altalenante. Le nuove disposizioni di legge proposte, se rese effettive, avrebbero un impatto non particolarmente significativo, perché, come abbiamo visto, il vero problema è a monte e riguarda la domanda di lavoro, declinata sia in termini di matching (offrire occupazioni in linea con la formazione dei candidati) che economici (offrire una retribuzione adeguata per la professione richiesta). L’esercizio del professor Brunello ha cercato di dimostrarlo con un semplice modello deduttivo. Questo quadro stilizzato permette di spiegare una parte dei fenomeni e di proporre alcune soluzioni.

Altre variabili di carattere istituzionale e normativo vanno considerate per avere piena contezza del fenomeno. Ne menzioniamo alcune:

- le agevolazioni fiscali previste non impediscono che i professionisti che lavorano in Italia prendano periodi di aspettativa nel nostro Paese per effettuare un doppio spostamento e beneficiare dei bonus

- chi si sposta mantenendo la residenza continua a pagare le tasse anche in Italia

- le professioni in analisi, particolarmente quelle impegnate in percorsi universitari, potrebbero avere, a prescindere, un livello di mobilità maggiore rispetto alla maggior parte delle altre professioni

- la decisione di emigrare o meno è legata ad una molteplicità di fattori anche molto forti, come i legami affettivi, e la presenza di agevolazioni fiscali ha probabilmente un impatto marginale su tale decisione.

Delineare l’impatto della fuga dei cervelli resta un problema ancora aperto poiché il fenomeno è difficile da intercettare attraverso le rilevazioni disponibili e ad oggi non è stata ancora strutturata un’indagine che permetta di rappresentare con completezza tutte le dimensioni del fenomeno. Certamente quello che è chiaro è che il tutto parte da una condizione difficile da superare ossia il tessuto del mercato del lavoro vero e proprio del nostro Paese: tante piccole e medie imprese con scarso fabbisogno di lavoratori altamente qualificati e al contempo svariate contraddizioni in atto, come ad esempio la richiesta di qualifiche troppo alte per i lavori effettivamente offerti. In ottica futura, la perdita di professionisti qualificati (e spesso giovani), rappresenta in ogni caso un fattore di impoverimento assai rischioso per un Paese che già affronta un’importante crisi demografica.

bibliografia.

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Gazzetta Ufficiale, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi, Legge 28 giugno 2019, n. 58

Gazzetta Ufficiale, Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia, Legge 30 dicembre 2010, n. 238

Gazzetta Ufficiale, Incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero, Articolo 3 del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici

Gazzetta Ufficiale, Regime speciale per lavoratori impatriati, Articolo 16 del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 147, Disposizioni recanti misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese

Gazzetta Ufficiale, Rientro dei Cervelli, Articolo 5 del Decreto Legge 30 aprile 2019, n. 34, Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi

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