"ora o mai più”, Paolo Sestito. Il futuro dell’economia italiana dopo la grande paura.

In “Ora o Mai Più”, pubblicato da LUISS University Press, l’autore rivolge lo sguardo al passato per interpretare l’odierna grave situazione economica e sociale italiana. Sestito considera il COVID un elemento di esacerbazione di una situazione già precaria e mai sanata, evidenziando la necessità di un immediato rilancio della nostra crescita che permetta di uscire da una crisi economica non più sostenibile. L’autore offre una visione d'insieme analizzando la storia moderna recente dell’economia italiana, dal suo felice avvio degli anni 50’-60’ fino ad oggi, con i suoi problemi di produttività, di mancanza di investimenti e innovazione, di debito pubblico e di riforme incompiute o mancate. Sestito considera questo momento storico come un punto da cui si può solo ripartire. Forse questa sarà l'ultima possibilità per il rilancio della nostra economia.   

07.03.2022

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La produttività e il “ventennio perduto”:

L’autore pone l’accento sulla nostra incapacità di fare leva sull’innovazione per la crescita della produttività. L’innovazione è il volano dell'economia e fattore centrale della nostra mancata crescita. Sestito infatti ritiene che “le grandi variazioni secolari della crescita anche in Italia siano spiegate dai movimenti della produttività del lavoro” e l’efficienza dei sistemi produttivi non può prescindere da una continua innovazione. La mancata crescita dell'efficienza complessiva nell'utilizzo dei fattori produttivi italiani, la peggiore dei paesi sviluppati, è stata la causa della lunga stasi dell’economia.

Dalla metà degli anni 70’ in poi, dopo una fase di “catching-up” in cui l'Italia ha cercato di mettersi alla pari con le grandi economie copiandone le tecnologie grazie al supporto di  sostenuti investimenti e contenuto costo del lavoro, successivamente ha fermato la sua corsa. La realtà del nostro paese, con una realtà produttiva dominata da imprese medio-piccole e una difficoltà a fare sistema nella ricerca e nello sviluppo, e basso impiego di laureati, ci ha posti in posizione svantaggiosa sui mercati internazionali. In particolare, quando gli investimenti esteri sono cessati dopo la crisi del 2008, i nostri problemi di produttività, già presenti ma mitigati dal continuo flusso di capitale, sono venuti veramente a galla. Tra gli altri fattori del mancato sviluppo sono da annoverare le lungaggini dell’apparato amministrativo, gli alti livelli di illegalità e corruzione che frenano gli investimenti e l’alto livello di evasione fiscale che disperde risorse. Tutto ciò ha portato alla stagnazione della crescita, a ritardo nell’inserirsi nei mercati globalizzati e al cosiddetto “ventennio perduto” in cui l'economia Italiana "invece di convergere verso i paesi a più elevato benessere era tornata ad allontanarsene".

Le cicatrici del COVID:

Dopo l’analisi del passato ventennio e dei fattori che hanno portato allo stallo della crescita, Sestito concentra la sua analisi, anche attraverso una cronistoria del fenomeno pandemico, sui forti impatti che il COVID lascia sull’Italia di oggi. L'eredità COVID, in termini di costi economici e sociali, ha acutizzato le cicatrici già presenti nel tessuto nazionale. Lo shock pandemico iniziale ha causato un crollo della domanda e degli investimenti con una significativa diminuzione del PIL solo in parte recuperato. A lungo termine, l’impatto sul capitale umano causato dalla prolungata chiusura delle scuole ha ridotto i livelli di apprendimento e quindi le future capacità di innovazione della nazione. Durante la pandemia si è fatto ampio uso di ammortizzatori sociali, quali la CIG e il blocco dei licenziamenti e si sono sostenute le imprese grazie a interventi pubblici massicci, attraverso garanzie pubbliche per l’accesso al credito bancario e il congelamento delle procedure fallimentari. Questi interventi hanno dato vita, secondo Sestito, a imprese “zombie” e relazioni di lavoro fittizie in quanto non più produttive.

Il ruolo dell'Europa durante l’emergenza COVID:

È innegabile, secondo l’autore, che se l’Italia è riuscita a non cadere nel baratro economico e sanitario durante il picco dell’emergenza è soprattutto grazie agli interventi europei. La BCE ha agito in maniera “forte e immediata” attraverso il Pandemic Emergency Purchase Program per acquisire titoli del debito pubblico e evitare l’aumento dei premium. La visione politica della nuova Commissione Europea, in cui il concetto di solidarietà è centrale, interviene in maniera diretta attraverso programmi di aiuti e prestiti per aiutare i paesi maggiormente colpiti dalla pandemia (MES, il SURE e il fondo Next Generation). Il piano Draghi PNRR, che si inserisce in un più ampio progetto europeo, prevede grossi investimenti in digitalizzazione, transizione ecologica, istruzione e ricerca, inclusione sociale, salute e riforme della pubblica amministrazione e della giustizia. Questo piano rappresenta, secondo l’autore, una grande opportunità. Ben implementato, può e deve rappresentare “l’avvio di risposte a quelle criticità derivanti dal passato, in un quadro di rilancio degli investimenti e della crescita” per la ripartenza.

Un'ultima opportunità: 

Sestito conclude con delle raccomandazioni su come affrontare le sfide future e con delle riflessioni su quanto sia necessario cogliere le opportunità che questo momento storico ci offre per rilanciare la nostra economia dopo un lungo periodo di persistente vulnerabilità. Questa è l'occasione da non perdere e forse l’ultima che ci viene data. Riguardo le riforme delle politiche attive del lavoro, previste dal piano Draghi, Sestito si sofferma sulle modalità di ammodernamento delle stesse. L’autore focalizza la sua attenzione nella direzione di concentrare risorse delle politiche attive del lavoro alle persone che già usufruiscono di CIG. Infatti, sostiene Sestito, nello “scenario post pandemico è (…) ancor più di prima importante favorire e non ostacolare la riallocazione dei lavoratori da un impiego all’altro". Guardando alle riforme, Sestito, ritiene che una vera riforma della pubblica amministrazione non possa prescindere dalla previsione della mobilità del suo personale. C’è la necessità che il rapporto di lavoro pubblico non sia più un rapporto con gli storici forti privilegi, avvicinandolo alla realtà del rapporto di lavoro privato. L’autore richiede che la dismissione del personale ridondante, la valutazione reale delle performance e la politica assunzionale con concorsi veramente selettivi non siano più un tabù. Riformare la giustizia e limitare l’enorme durata dei processi civili, secondo Sestito, utilizzando l’assunzione di nuovo personale temporaneo attraverso i fondi NG, è fondamentale per limitare le "esternalità negative” che influiscono sulla “performance economica”. L’autore incita la classe politica a prendere in considerazione la questione migratoria in prospettiva della nostra crescita economica – “un’adeguata gestione del fenomeno migratorio – soprattutto nel senso di una efficace integrazione (...) è essenziale a sostenere la crescita del Pil e Pil per abitante” specie in un contesto di contrazione demografica e invecchiamento della popolazione media. La nostra situazione economica nello scenario internazionale, non potendo contare su un “permanere” di “facili condizioni di finanziamento del proprio debito pubblico”, richiede severe riforme e investimenti per far crescere l’economia e quindi sostenere l’alto debito pubblico. L’uso dei fondi europei e nazionali aggiuntivi messi in gioco per mettere in moto la crescita sono per il nostro paese un'ultima occasione di rilancio. 

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