Conclusioni: come fronteggiare calo delle lauree ed emigrazione?
Il mondo infermieristico si trova a fronteggiare due elementi di notevole criticità: il calo dei laureati nelle facoltà di Infermieristica e l’emigrazione di una quota rilevante di infermieri.
Per l’anno accademico 2023/2024 si è verificata una diminuzione del -10,5% di domande su Infermieristica passando da 25.539 domande dello scorso anno alle attuali 22.870 su 19.860 posti disponibili. Il rapporto domande/posti (D/P) è di 1,2, in calo rispetto all’anno precedente (1,3). La riduzione delle domande è così suddivisa tra le diverse ripartizioni geografiche: al Nord -14,0% con rapporto D/P 0,9; al Centro -14,4% e D/P 0.9; al Sud -5,4% e D/P 1,9.
Per far fronte a questa tendenza, la presidente della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (Fnopi), Barbara Mangiacavalli, propone la revisione delle Lauree Magistrali con l’individuazione di tre aree di sviluppo specialistico: Cure primarie, Cure pediatriche e neonatali e Cure intensive ed emergenza.
Con riferimento all’emigrazione, nonostante i numeri si siano ridotti rispetto agli anni pre-pandemici, il personale sanitario continua a spostarsi all’estero. Nel 2021 la popolazione sanitaria italiana che lavorava all'estero era di 21.397 medici e di 15.109 infermieri. Nello stesso anno hanno lasciato l'Italia 3.800 infermieri, rispetto mediamente ai 6.000 degli anni precedenti. La loro meta preferita è il Regno Unito, seguito dalla Svizzera e dalla Germania.
Il calo delle immatricolazioni e la tendenza all’emigrazione sono due elementi che denotano una scarsa attrattività della professione di infermiere. A livello generale due sono le cause principali di questa scarsa attrattività. Da un lato le retribuzioni e dall’altro le condizioni lavorative.
Sul lato retributivo un infermiere, nel 2022, percepisce mediamente circa 1.700 euro netti al mese. Questo valore, a parità di potere d'acquisto, risulta inferiore a quello percepito in Germania, Svizzera e Regno Unito, rispettivamente del 56%, 46,2% e 20%. In aggiunta alla bassa retribuzione la scarsa attrattività della professione infermieristica è determinata anche dalle condizioni lavorative. La presenza di turni spesso pesanti, la scarsa organizzazione del lavoro e la necessità di lavorare spesso in condizioni critiche fanno sì che molti giovani non prendano in considerazione la scelta delle discipline infermieristiche. Uno studio realizzato dall’Università di Genova con il sostegno di Fnopi (BENE), evidenzia come il 59% degli infermieri che lavorano negli ospedali italiani è molto stressato; il 47,3% si sente “privo di energia” e il 36% sente di non avere il controllo sul proprio carico di lavoro. Il 45,4% ritiene che la professione non si concili con la propria vita privata e familiare e quasi la metà (45,2%) ritiene possibile lasciare il lavoro in ospedale entro l’anno successivo a causa dell’insoddisfazione lavorativa. Infine, nel 40,2% dei casi si ravvisa un esaurimento
emotivo elevato.
Per far fronte a queste problematiche e alla carenza di infermieri sempre più importante nel nostro Paese, è necessario intervenire su alcuni fronti: l’aumento del potere contrattuale e
una migliore retribuzione, il giusto riconoscimento del ruolo fondamentale svolto dalle professioni infermieristiche, il miglioramento delle condizioni lavorative e l’evoluzione del percorso universitario con, ad esempio, l’introduzione delle specializzazioni.