le professioni infermieristiche: come combattere la scarsa attrattività della professione e le numerose emigrazioni?

Quanti infermieri ci sono oggi in Italia? Come si posiziona il nostro Paese rispetto al confronto europeo? Quanti laureati ci sono oggi in Italia? E in Europa? In questa nota abbiamo fornito le risposte a queste e ad altre domande per far fronte ad alcune criticità presenti nel mondo infermieristico.

07.10.2024

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Introduzione: la professione degli infermieri in Italia.

L’infermiere costituisce una figura chiave all’interno del mondo delle professioni sanitarie. L’infermiere collabora con medici e specialisti a valutare e curare i pazienti, offrendo loro assistenza sanitaria e relazionale. In Italia, nel 2022, ci sono 384.882 lavoratori delle professioni sanitarie infermieristiche (6,52 ogni 1.000 abitanti). Quella dell’infermiere è una professione piuttosto gravosa a causa dei turni spesso pesanti, tuttavia non è interamente inserita tra quelle usuranti. Infatti nel decreto legge n.34 del 30 marzo 2023 solo gli infermieri che svolgono la loro attività nei servizi di emergenza e urgenza vengono inseriti all’interno delle professioni usuranti, mentre tutti gli altri professionisti vengono esclusi. La presenza di infermieri risulta molto eterogenea sia nell’analisi delle Regioni italiane, sia nel confronto con gli altri Paesi europei. Da circa 4 anni a questa parte si osserva un forte calo di questi professionisti attribuibile, da un lato, alla scarsa attrattività della professione in sé e del percorso di studio e, dall’altro, ad una bassa remunerazione.

Gli infermieri in Italia negli ultimi 10 anni: andamento crescente

Le professioni sanitarie infermieristiche, nell’arco del decennio 2011-2021, hanno mostrato, in termini occupazionali, un andamento nel complesso crescente. Si passa dai 5,15 infermieri per 1.000 abitanti nel 2011 ai 6,21 nel 2021 (grafico 1). Gli unici anni in cui si nota un leggero calo sono il tra il 2011 e 2012 (da 5,15 a 5,05) e tra il 2017 e il 2018 (da 5,85 a 5,79). Infine, negli ultimi due anni della serie storica si denota una lieve diminuzione (da 6,28 al 6,21). L’andamento appena descritto è simile a quello di alcuni altri Paesi Europei, tra cui Germania, Spagna e Francia.

Grafico 1. Infermieri in Italia per 1.000 abitanti, 2011-2021

Fonte: OECD

Gli infermieri nelle Regioni Italiane: un caso di eterogeneità.

In Italia ci sono 384.882 lavoratori delle professioni sanitarie infermieristiche (6,52 ogni 1.000 abitanti). L’analisi della distribuzione a livello regionale (tabella 1), evidenzia una forte eterogeneità: le Regioni italiane che hanno il rapporto infermieri-popolazione più elevato sono il Molise (8,47), il Trentino Alto Adige (7,89) e la Liguria (7,86). I valori più bassi sono registrati in Sicilia (5,81), Lombardia (5,75) e Calabria (5,62). A livello nazionale non viene stabilito un vero e proprio numero minimo di infermieri per posto letto (o per paziente). Tuttavia, è presente una norma (decreto ministeriale 13/9/1988 “Determinazione degli standards del personale ospedaliero”), che identifica il rapporto tra infermieri e pazienti necessario per la gestione dei diversi reparti. L’organico minimo di personale infermieristico in base ai posti letto viene demandato alle singole Regioni che vengono dotate di alcune linee guida.

Tabella 1. Professioni sanitarie infermieristiche nelle Regioni italiane, 2022

Fonte: elaborazioni Randstad Research su dati Istat

Gli infermieri in Europa: l’Italia sotto la media dei Paesi OECD

Anche a livello europeo, come mostrato nel grafico 2, si evince una significativa eterogeneità per quanto riguarda il rapporto infermieri-popolazione. Se infatti in Italia tale rapporto è pari a 6,21 ogni 1.000 abitanti (in linea con quello della Spagna, 6,35), in Germania il dato è quasi il doppio (12,03). Paesi più virtuosi di noi, tra quelli analizzati, sono Austria (10,91) e Francia (8,84).

Grafico 2. Infermieri per 1.000 abitanti in alcuni Paesi Europei, 2021

Fonte: OECD

Laureati in Infermieristica in Italia e in Europa: sempre meno laureati e tra gli ultimi in Europa

Osservando la serie storica dei laureati in infermieristica in Italia (grafico 3), dopo il picco tra il 2011 e il 2013 (0,22 laureati ogni 1.000 abitanti) assistiamo ad un trend negativo con il numero di laureati che nel 2021 raggiunge il minimo (0,17). Le cause di questo calo significativo e costante potrebbero essere legate sia ad una scarsa attrattività del percorso di studi della professione infermieristica, sia ad una bassa retribuzione, se raffrontata con gli altri paesi Europei.

Grafico 3. Laureati in Infermieristica in Italia per 1.000 abitanti, 2011-2021

Fonte: elaborazioni Randstad Research su dati OECD

Un confronto internazionale dei laureati in infermieristica (grafico 4) mostra che, tra i paesi analizzati, l'Italia è il paese con il minor numero di laureati, 0,17 per 1000 abitanti, a fronte di valori sensibilmente più elevati di Spagna e Portogallo, rispettivamente con 0,23 e 0,28, Belgio, Germania e Svezia (0,46, 0,44 e 0,44), sino ad arrivare al valore di 0,63 per i Paesi Bassi.

Grafico 4. Laureati in infermieristica nei Paesi europei per 1.000 abitanti

Fonte: elaborazioni Randstad Research su dati OECD

Conclusioni: come fronteggiare calo delle lauree ed emigrazione?

Il mondo infermieristico si trova a fronteggiare due elementi di notevole criticità: il calo dei laureati nelle facoltà di Infermieristica e l’emigrazione di una quota rilevante di infermieri.
Per l’anno accademico 2023/2024 si è verificata una diminuzione del -10,5% di domande su Infermieristica passando da 25.539 domande dello scorso anno alle attuali 22.870 su 19.860 posti disponibili. Il rapporto domande/posti (D/P) è di 1,2, in calo rispetto all’anno precedente (1,3). La riduzione delle domande è così suddivisa tra le diverse ripartizioni geografiche: al Nord -14,0% con rapporto D/P 0,9; al Centro -14,4% e D/P 0.9; al Sud -5,4% e D/P 1,9.
Per far fronte a questa tendenza, la presidente della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (Fnopi), Barbara Mangiacavalli, propone la revisione delle Lauree Magistrali con l’individuazione di tre aree di sviluppo specialistico: Cure primarie, Cure pediatriche e neonatali e Cure intensive ed emergenza.

Con riferimento all’emigrazione, nonostante i numeri si siano ridotti rispetto agli anni pre-pandemici, il personale sanitario continua a spostarsi all’estero. Nel 2021 la popolazione sanitaria italiana che lavorava all'estero era di 21.397 medici e di 15.109 infermieri. Nello stesso anno hanno lasciato l'Italia 3.800 infermieri, rispetto mediamente ai 6.000 degli anni precedenti. La loro meta preferita è il Regno Unito, seguito dalla Svizzera e dalla Germania.
Il calo delle immatricolazioni e la tendenza all’emigrazione sono due elementi che denotano una scarsa attrattività della professione di infermiere. A livello generale due sono le cause principali di questa scarsa attrattività. Da un lato le retribuzioni e dall’altro le condizioni lavorative.

Sul lato retributivo un infermiere, nel 2022, percepisce mediamente circa 1.700 euro netti al mese. Questo valore, a parità di potere d'acquisto, risulta inferiore a quello percepito in Germania, Svizzera e Regno Unito, rispettivamente del 56%, 46,2% e 20%. In aggiunta alla bassa retribuzione la scarsa attrattività della professione infermieristica è determinata anche dalle condizioni lavorative. La presenza di turni spesso pesanti, la scarsa organizzazione del lavoro e la necessità di lavorare spesso in condizioni critiche fanno sì che molti giovani non prendano in considerazione la scelta delle discipline infermieristiche. Uno studio realizzato dall’Università di Genova con il sostegno di Fnopi (BENE), evidenzia come il 59% degli infermieri che lavorano negli ospedali italiani è molto stressato; il 47,3% si sente “privo di energia” e il 36% sente di non avere il controllo sul proprio carico di lavoro. Il 45,4% ritiene che la professione non si concili con la propria vita privata e familiare e quasi la metà (45,2%) ritiene possibile lasciare il lavoro in ospedale entro l’anno successivo a causa dell’insoddisfazione lavorativa. Infine, nel 40,2% dei casi si ravvisa un esaurimento
emotivo elevato.

Per far fronte a queste problematiche e alla carenza di infermieri sempre più importante nel nostro Paese, è necessario intervenire su alcuni fronti: l’aumento del potere contrattuale e
una migliore retribuzione, il giusto riconoscimento del ruolo fondamentale svolto dalle professioni infermieristiche, il miglioramento delle condizioni lavorative e l’evoluzione del percorso universitario con, ad esempio, l’introduzione delle specializzazioni.

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