In campo infermieristico, come in tanti altri settori, il nostro Paese fatica ad attrarre professionisti. Gli infermieri che lavorano in Italia, ma si sono formati all’estero sono il 5% della popolazione, a fronte del 7% della media Ocse. Anche il dato complessivo sui nati all’estero che esercitano la professione in Italia (10,7%) non ci fa ben figurare in quanto ad attrattiva, distanziandoci al ribasso dalla media totale dei Paesi Ocse del 16,2%. [3]
Stupirà apprendere invece che il rapporto della remunerazione degli infermieri ospedalieri rispetto al salario medio in Italia è pari alla media Ocse e cioè 1,1. I Paesi in cui gli infermieri vengono pagati di meno sono Lituania e Lettonia (rispettivamente con rapporti di 0,7 e 0,8) seguiti a pari merito da Svizzera, Finlandia e Francia (0,9) I Paesi “migliori” che pagano di più i lavoratori delle professioni infermieristiche sono Cile, Messico, Israele e Lussemburgo (con un rapporto di 1,8 i primi due e 1,5 i secondi due) [4].
un percorso normativo frastagliato per il riconoscimento della professione.
Il riconoscimento degli infermieri come professionisti segue un percorso tortuoso che inizia con la legge 1049 del 29 ottobre 1954 dando vita ai Collegi delle infermiere professionali, vigilatrici d’infanzia e assistenti sanitarie visitatrici [5]. Il traguardo principale avviene molti anni dopo, nel 1994, quando il decreto ministeriale n. 739 [6] regolamenta i profili professionali degli infermieri, riconoscendogli le dovute alte competenze, sebbene il percorso formativo infermieristico sia divenuto esclusivamente di carattere universitario soltanto nel 1999 [7]. Ad oggi, il fabbisogno di infermieri all’interno degli ospedali pubblici e privati viene calcolato secondo una formula stabilita dalle normative che deve tenere conto di una proporzione che mette in rapporto il numero di letti a disposizione e il numero di ore di assistenza richieste dai pazienti a seconda delle diverse patologie. Un vincolo complesso da stabilire che non si astiene dal generare paradossi. Nel grafico 3 è possibile infatti vedere come si colloca l’Italia nel rapporto tra numero di dottori e numero di infermieri ossia 1,5 infermieri per ogni dottore. Un dato che certo non può corrispondere ad una puntuale soddisfazione del fabbisogno se si considera che le mansioni infermieristiche sono le più disparate e oltre alla cura diretta dei pazienti, gli infermieri si occupano del rifornimento dei magazzini dei singoli reparti, dell’organizzazione dei ricoveri e dell’accettazione, dell’assistenza anche emotiva dei pazienti e così via [8].
Grafico 3. Rapporto tra numero di dottori e numero di infermieri (2017 anno più recente).