Le prime due posizioni della classifica rimangono invariate rispetto al 2019. In testa rimane sempre la Svizzera, che passa al 35%, un dato certamente importante e significativo. Anche l’Islanda vede un aumento sostanzioso dei lavoratori che svolgono le proprie mansioni da casa arrivando al 29,3%.
Questo ritardo rafforza i dubbi sulla qualità del lavoro a distanza effettuato in molte circostanze durante la pandemia: soluzione forzata e improvvisata a causa dei lockdown e della chiusura delle scuole piuttosto che occasione di cambiamento con momenti di integrazione con il lavoro in presenza ?
Se Svizzera, Islanda, Svezia, Lussemburgo, Danimarca e Belgio superano il 15% di lavoratori che svolgono lavoro a distanza “a volte”, ciò potrebbe riflettere un rapporto più maturo nel combinare le diverse forme di lavoro?
Il grande balzo del lavoro femminile: una conferma di “soluzioni forzate”?
Come sappiamo, il Covid-19 ha impattato molto sull’organizzazione del lavoro femminile.
Se nel 2019 solo il 3,3% delle donne lavoratrici dichiarava di lavorare “abitualmente” da casa, nel 2020 la percentuale sale al 14,3%. Sopra alla media UE (13,2%). Quanto ha influito la chiusura delle scuole insieme ad altri fattori connessi al lockdown? È lecito pensare che il lavoro a distanza, facilitato dalla normativa, sia stato per molte donne una scelta virtualmente obbligata.