Future of work. An agenda. Flexibility @work 2019.

Digitalizzazione e nuove tecnologie sono parte della nostra quotidianità. Con il loro intervento nascono infiniti nuovi lavori. Mentre si imparano a conoscere le innovazioni, rimane il problema di garantire tutele e diritti a tutte quelle situazioni lavorative già esistenti e ancora collocate in zone grigie. Quale risposta dà il report Future of work. An agenda pubblicato da Randstad per la serie Flexibility @work 2019? Il documento, realizzato in collaborazione con Maarten Goods (Univerisità di Utrecht) e Anna Salomons (Università TPRI di Boston) suggerisce di partire dalla conoscenza, dalle skill e dalla formazione. Randstad Research  non può fare altro che unire la sua voce in questo richiamo all’attenzione e ad aprire gli occhi su tutte le nuove professioni già esistenti. Osservare l’oggi è una buona chiave per aprire uno spiraglio sul futuro.

14.07.2019

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Prevedere quello che accadrà nel mondo del lavoro da qui a dieci anni è di certo un’impresa difficile. Un buon punto di partenza per farlo è quello di analizzare le variabili già in atto. Sono molti i fattori odierni, come le piattaforme online per il lavoro o le app per la consegna veloci di beni a domicilio che già rappresentano un segnale importante di una delle linee evolutive che si stanno affermando come trend. Parallelamente, il clima di incertezza nato con la crisi economica ed affermatosi con l’ingrandirsi dell’impatto dei megatrend (digitalizzazione e globalizzazione in primis) hanno contribuito al rarefarsi delle forme contrattuali tradizionali, come il contratto a tempo indeterminato, sempre più un miraggio per gran parte della forza lavoro.

Dal punto di vista delle istituzioni formative si assiste ad una triste sfiducia nei confronti della formazione tradizionale. Una laurea non è più garanzia di lavoro sicuro e i giovani che si approcciano al mondo professionale lo fanno con un bagaglio di competenze assai distante da quello realmente richiesto dalle aziende, spesso imbarcandosi nel conferimento di qualifiche che risultano quasi già obsolete alla fine del loro percorso di studi.

Il report Future of work. An agenda parte da queste premesse per indagare gli aspetti fondamentali delle trasformazioni in atto e segnalare un concetto importantissimo, quello che già il filosofo Zygmunt Bauman chiamava con il nome di “società liquida” e che oggi viene analizzato in tutte le sue mutazioni “tecnologiche”. Bauman, così come Steve Jobs e alcuni altri, aveva inteso come non si possa guardare ai trend che sono entrati nella nostra quotidianità come meri fattori contingenti poiché elementi come la digitalizzazione non stanno intervenendo soltanto come contorno marginale, bensì sono radicati in misura talmente consistente che spesso sfuggono alla vista.

Mentre i fattori di innovazione galoppano verso il futuro, nella società umana, imperfetta per definizione, continuano a coesistere differenze dall’origine antica, come il lavoro in nero o le scarse tutele per chi svolge attività anticonvenzionali. Questo significa che tali problemi continueranno a verificarsi per sempre? Probabilmente sì, ma sempre in forme nuove e sempre in misura ridotta. Al giorno d’oggi sarebbe (quasi) assurdo apprendere che una donna si è vista negare la posizione di manager in quanto donna, eppure fino a pochi decenni fa tale consapevolezza avrebbe fatto inorridire molti.

Quali soluzioni a fronte del progressivo crollo delle solite basi fino ad ora note?

- riconoscere

- analizzare

- costruire

Riconoscere.

Accettare il fatto che l’epoca odierna è composta da lavoratori che svolgono mansioni diversissime e in modalità diversissime. Preoccuparsi che ciascuno di questi lavoratori abbia i medesimi diritti, le medesime tutele.

Analizzare.

Individuare i fattori core di conoscenze, skills e abilità. Quali sono le competenze che continuano con forza ad essere richieste e quale messaggio porta la loro presenza?

Costruire.

In seguito ai due step precedenti è possibile elaborare strategie. Il panorama non è così drammatico come si potrebbe pensare.

Coerentemente con le strategie del Randstad Research Italia, anche Randstad sa che è necessario ripartire dalla cultura e dalla formazione. Proprio per questo il report è redatto in collaborazione con due importanti università e segnala alcune linee guida che toccano alcuni dei punti fondamentali della ricerca dell’Istituto, come l’importanza della formazione continua e del dialogo costante tra mondo del lavoro e mondo della formazione. La conoscenza è la strada da percorrere per non vedere di ciò che circonda soltanto gli aspetti negativi. Sono in corso avvenimenti importanti, come ad esempio la nascita dei wealth work, professioni sorte dalle richieste di una nuova classe sociale, che permettono a chiunque voglia investire sulle sue capacità di cimentarsi in professioni differenti ogni giorno. Per un individuo attento e capace non vi sono limiti ed in questo ricoprono un ruolo importantissimo le agenzie del lavoro in quanto mediatrici tra le necessità dei vari fronti.

“Viviamo in un mondo sempre più globalizzato. Questo significa che tutti noi, consapevolmente o meno, dipendiamo gli uni dagli altri.” Zygmunt Bauman

Quali fattori chiave stanno impattando sul futuro del lavoro?

1. Le tecnologie.

Le tecnologie basate su regole, che semplificano, agevolano, velocizzano lavori di routine oppure pericolosi o molto faticosi. Sono i calcolatori, gli stessi pc (nel 2018, il 59% dei dipendenti usava regolarmente un computer per lavoro), le macchine assemblatrici, le braccia robotiche, etc. In secondo luogo le tecnologie basate su big data e machine learning, la cosiddetta intelligenza artificiale. Queste tecnologie prevedono esiti e bisogni futuri, un esempio sono i traduttori, ma anche le automobili a guida automatica e gli assistenti virtuali.

2. La produzione di beni e servizi.

La produzione di beni e servizi, così come le regole di domanda e offerta si stanno plasmando su un assetto globale, accelerate dalla digitalizzazione. I giovani con alte skill si concentrano nelle città, che continuano a richiedere competenze professionali quasi assenti nelle aree rurali.

3. Forme di lavoro non tradizionali.

Aumentano forme di lavoro non tradizionali, sostenuti dalla gig economy che si sviluppa su piattaforme come Uber o Deliveroo. Le nuove strutture contrattuali da un lato risolvono situazioni di inattività, ma dall’altro fanno insorgere nuovi problemi riguardanti la tutela dei lavoratori a causa della difficoltà di monitoraggio.

4. Cambiamenti demografici.

I cambiamenti demografici risentono dei trend localizzando la popolazione più anziana al di fuori dei centri urbani, che invecchiano più lentamente. I Paesi più anziani risultano anche gli stessi ad avere la maggiore percentuale di robot per lavoratore.

Quali sfide e cambiamenti per il futuro del lavoro?

1. Crescita salariale.

Aumenta la differenza di crescita salariale tra professioni ad alte competenze e professioni a basse competenze.

2. Professioni di medie competenze.

Le professioni di medie competenze sono sempre meno richieste. Aumenta invece la domanda per i lavori di frontiera (che interagiscono con le nuove tecnologie), come lo sviluppatore di software o il manutentore; per i last mile work (che richiedono una componente minima, ma necessaria di doti umane), come l’operatore call center o l’addetto all’inserimento dati; e per i wealth work, lavori nati dalle esigenze di nuove classi sociali, come il dog sitter, il coach il personal trainer.

3. Velocità di cambiamento.

La velocità di cambiamento rende difficile adattare prontamente i percorsi formativi alle richieste di mercato. Il mercato stesso non ha chiare quali saranno le sue necessità, nemmeno a breve termine. Lo skill gap maggiore si osserva nei settori STEM (Science, Technology, Engineering, Math), nei quali i periodi di copertura delle job vacancy sono lunghi più del doppio di quelli degli altri settori.

Tematiche per il futuro.

1. Elaborare sistemi di tutela.

Che tengano conto delle nuove forme di lavoro flessibile e della necessità di salari sufficienti alla sussistenza. Dare il giusto peso al livello di autonomia, di stresso, di fiducia del lavoratore come fattori che contribuiscono alla produttività e al benessere sociale.

2. Lavorare sulla scarsa inclusione.

In termini di contrasto alla polarizzazione, di innalzamento dei livelli di mobilità intergenerazionale, di pari opportunità.

3. Lavorare sulle competenze.

Tenendo conto del fatto che, a parità di qualifica, a seconda del contesto, del luogo e dell’azienda di riferimento le competenze richieste possono essere anche molto differenti.

Discussioni aperte.

1. Cambiamento forme contrattuali.

É necessario comprendere che il cambiamento delle forme contrattuali risponde alla richiesta di flessibilità della globalizzazione e della digitalizzazione, che mal si adattano ai tempi lunghi e alle gerarchie statiche. Le istituzioni possono adattarsi ad esempio agevolando la mobilità tra diverse forme di lavoro e semplificando la burocrazia (es. pagamento di tasse e contributi) per i lavoratori con contratti non tradizionali, ma anche investendo nell’intelligenza artificiale come strumento per affinare le scelte formative, migliorare l’orientamento e la costruzione di skill adeguate.

2. Dialogo sociale. 

Il dialogo sociale deve coinvolgere le nuove forme di lavoro, la gig economy deve smettere di essere un’area grigia.

3. Skill indirette.

È necessario prevedere la richiesta di skill indiretta che verrà. Non tutte le richieste avvengono in maniera diretta. La digitalizzazione trasforma le attività professionali da svolgere e questo indirettamente modifica le altre competenze richieste ai lavoratori.

Conclusioni.

Alla luce della mole di variabili che stanno interagendo sul mercato di lavoro, il livello di attenzione e competenze necessari per far fronte al cambiamento richiamano la necessità per il lavoratore, da un lato, e per le aziende, dall’altro, di affidarsi ad intermediari competenti, in grado di orientare nella strutturazione di carriere che siano allineate alle richieste presenti e future. Allo stesso tempo svolgono un ruolo cruciale nell’individuazione e segnalazione delle skill, abilità e competenze da integrare, di quelle non più necessarie. In questo senso, per affrontare prontamente la questione a monte è importantissimo strutturare un maggiore dialogo con le scuole e tutte le istituzioni formative, le quali devono guadagnare una nuova elasticità per non vedere impoverito il loro fondamentale valore.

Autori di Future of work. An agenda. Flexibility@work2019

Prof. Dr. Maarten Goos.

Professore di Economia e Istituzioni presso la Facoltà di Legge, Economia e Governance dell’Università di Utrecht.

Prof. Dr. Anna Salomons.

Professoressa di Occupazione e Disuguaglianza presso il dipartimento di Economia dell’Università di Utrecht.

 

Bibliografia

Future of work. An agenda, Flexibility @work 2019, Randstad, maggio 2019.

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