23.11.2020
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Riportare l’educazione al centro del discorso.
È vero, i problemi del nostro sistema formativo sono numerosi. I rapporti OECD segnalano anno dopo anno gravi lacune che vanno dalle basse competenze ad un divario Nord Sud ancora significativo ad un tasso di abbandono scolastico inaccettabile. C’è però un aspetto positivo da considerare. L’emergenza sanitaria ha contributo in qualche modo a riportare la scuola al centro del discorso. È importante sfruttare quest’attenzione con lungimiranza.
Una formazione all’insegna dell’inclusione e della coscienza civica.
È particolarmente significativo che i 20 punti si aprano toccando il tema dell’inclusione. La scuola non è un mero servizio, bensì il luogo dove i cittadini imparano prima di tutto a formarsi come individui, rispettosi del prossimo e dell’ambiente in cui vivono. Tale concetto, che spesso tende a perdersi, deve recuperare la sua importanza. La coesione sociale e l’inclusione devono trovare spazio, soprattutto tutelando le fasce più delicate come gli studenti disabili. L’andamento dell’introduzione dell’educazione civica e ambientale, introdotta nell’ordinamento scolastico per l’anno scolastico 2020/2021, va monitorato con puntualità. In senso ampio ciò deve tradursi in una scuola che diventa uno spazio accogliente e moderno, dove poter vivere ed operare con entusiasmo.
Valore agli insegnanti.
Una scuola eccellente non può crearsi senza un corpo insegnanti di qualità. Come lamentarsi dei bassi punteggi a livello di competenze dei nostri studenti se gli insegnanti italiani restano inascoltati e demotivati? Ultimi in Europa e terz’ultimi al mondo nella classifica reputazionale mondiale eppure lo Stato gli affida il suo futuro, le famiglie ciò che hanno di più caro al mondo. Va da sé che un miglioramento della scuola è vincolato ad un miglioramento della qualità di chi la porta avanti, mettendo al primo posto la motivazione e l’obbligo di una formazione mirata durante il servizio.
Migliorare i rapporti tra scuola e famiglia.
La scuola può e deve sempre più sfruttare la sua funzione di livellamento sociale, permettendo a studenti provenienti da contesti diversi di avere le medesime possibilità. È importante che collabori con i genitori per orientare, per contrastare la dispersione scolastica e per fornire un supporto in caso di deprivazione economica e culturale. In questo senso vanno diffusi il tempo pieno e il tempo prolungato a livello nazionale nelle aree più periferiche e/o disagiate. Affinché queste iniziative possano essere messe in atto in maniera fruttuosa è fondamentale stabilire un dialogo di valore tra chi segue i ragazzi a casa e chi li segue a scuola.
Più dialogo con il mondo del lavoro.
Gli attuali cicli scolastici italiani non corrispondono con gli obblighi di istruzione e sono tra i più alti nell’UE, contribuendo a renderci poco competitivi in contesti internazionali. A ciò si aggiunge lo scarso appeal generato dai percorsi formativi tecnico-scientifici, i più richiesti dal mondo del lavoro. Un rimodellamento dei cicli e un’attività di orientamento strutturata in collaborazione con gli atenei già a partire dal terzultimo anno delle superiori aiuterebbero a migliorare il rapporto tra scuole e imprese. Ancora più importante, una rinnovata attenzione alla persona e alle sue inclinazioni ed esigenze, in questi tempi particolarmente difficili, contribuirebbe ad abbattere le barriere socio-economiche familiari per evitare che le future carriere dei ragazzi vengano predeterminate dal loro contesto di nascita.
Riuscirà la scuola a conquistarsi il suo ruolo centrale?
Le buone intenzioni di scuole e presidi si scontrano contro un muro di gomma in mancanza di una certa autonomia finanziaria che permetta di mettere in pratica azioni positive. In una miopia generalizzata spesso si dimentica che a pagare il prezzo più caro sono gli studenti stessi, quelli presenti, passati e futuri. La fragilità della funzione educativa svolta dalla scuola si rispecchia nella debolezza/assenza di formazione continua nel nostro Paese. Così si continua a pensare che una volta ottenuto il diploma non serva altro, che un insegnante non abbia il diritto-dovere di aggiornarsi. Così un fondo di 700 milioni per corroborare le competenze dei lavoratori ideato a maggio 2020 rischia di volatilizzarsi perché forse non ci si è curati di mettere in pratica le necessarie procedure burocratiche per attivarlo in tempo.
Il futuro della didattica.
Con le alte percentuali di didattica a distanza previste nel prossimo futuro per il protrarsi dell’emergenza sanitaria è fondamentale porre l’attenzione nell’immediato futuro a due aspetti ugualmente importanti e ad oggi difficili da calcolare. Il primo è quello della misurazione dell’apprendimento effettivo degli studenti, ancora difficile da misurare a causa delle nuove modalità di insegnamento. Il secondo aspetto riguarda il fare quanto possibile affinchè la perdita della lezione frontale non corrisponda alla perdita della creazione nei ragazzi del senso di comunità. La scuola, nella figura chiave dell’insegnante, oggi più che mai deve gli studenti affinchè anche in uno spazio virtuale non vengano meno le nozioni educative che esulano dai meri programmi scolastici.