lavoro e crescita bloccati dalle disuguaglianze.

Il problema delle disuguaglianze, in termini di reddito e ricchezza ma anche di accesso alle opportunità, si pone come elemento di particolare rilevanza alla luce della recente e “rinnovata attenzione ai problemi distributivi” e al peggioramento che la pandemia ha prodotto su tali disuguaglianze. Gli autori del libro “Un Mondo Diviso", Eugenio Occorsio e Stefano Scarpetta (Editori Laterza), descrivono i motori di queste disuguaglianze globali e nazionali e propongono un freno all’allargarsi delle sperequazioni distributive. 

16.05.2022

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Le disuguaglianze in aumento (reddituale e patrimoniale):

Le disuguaglianze economiche e sociali sono un dato in preoccupante aumento che caratterizza il mondo d’oggi. In particolare, gli autori mettono in evidenza come, da dati OCSE in cui si è utilizzato il coefficiente GINI che misura le disuguaglianze reddituali, in tre quarti di questi paesi economicamente sviluppati le disuguaglianze di reddito sono aumentate. Da sottolineare come questo sia avvenuto anche nei paesi più egualitari, tipicamente i paesi nordici. Anche nelle economie in via di sviluppo, la forte crescita economica non si è riflessa in una più equa distribuzione dei redditi. La situazione in Italia si presenta particolare in quanto i redditi erano già stagnanti nell'ultimo ventennio in tutte le fasce di reddito, pertanto le disuguaglianze sono rimaste largamente invariate.

Se si passa all’esame delle disuguaglianze patrimoniali, nei paesi OCSE, mediamente, la disuguaglianza in termini di ricchezza si presenta doppia rispetto a quella basata sul reddito. I dati sottolineano che il 10% delle famiglie più ricche, che hanno il 25% totale del reddito, detengono il 42% della ricchezza totale dunque vi è una significativa concentrazione dei patrimoni. Anche questo fenomeno, come l’aumento delle disuguaglianze di reddito, è un dato che interessa anche i paesi più egualitari. In America troviamo il livello più estremo di disuguaglianza fra le economie più avanzate. La pandemia non ha cambiato questo trend di accumulazione di ricchezza in poche mani ma anzi lo ha consolidato. A metà del 2020, quindi già in pandemia conclamata, i ricchi sono diventati ancora più ricchi; “lo 0,00001% delle famiglie americane: 17 famiglie (...) detenevano nel 2020 l’1,2% della ricchezza totale negli Stati Uniti, quasi 10 volte la quota del 1982 (0,13%)”.

Driver delle disuguaglianze:

Gli autori, riprendendo degli studi in materia, analizzano l’esistenza di motori che guidano le società verso un aumento delle disuguaglianze che impediscono al singolo di esprimere al massimo il suo potenziale e a dare il suo contributo alla crescita economica del paese. In particolare questi motori sono da individuare nella globalizzazione, nel fenomeno TIC, Telecommunications and Information Technology, e nella cosiddetta finanziarizzazione dell’economia. La globalizzazione ha raddoppiato la forza lavoro globale, da 1,46 a 2,93 miliardi di lavoratori producendo il “great doubling”, il “grande raddoppio”, l’aumento dell'offerta nel bacino lavorativo che ha creato una massiccia competizione nel settore del lavoro a basso costo. Questo ha prodotto, nei paesi OCSE, disuguaglianza tra i lavoratori perché solo quelli altamente qualificati non hanno subito la concorrenza della forza lavoro offshore. Lo sviluppo in campo TIC, con i suoi avanzamenti nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ha contribuito alle disuguaglianze fra lavoratori poco skilled e lavoratori con altre competenze all’interno dei paesi più sviluppati. Alla globalizzazione e allo sviluppo del fenomeno TIC è legata la cosiddetta finanziarizzazione dell’economia, che comporta un “aumento delle dimensioni e dell’importanza del settore finanziario di un paese” rispetto alla sua economia complessiva reale. Il sistema finanziario, fondamentale per promuovere gli scambi internazionali e l’accesso al credito, nei suoi eccessi utilizza spregiudicatamente i mercati speculativi come fonte di profitto. Il sistema finanziario quindi distoglie “risorse da investimenti produttivi nell’economia reale” e può generare “crisi” economiche (si pensi alla bolla finanziaria del 2008-2009) che si sono rivelate un ulteriore elemento di disuguaglianza. Inoltre, il sistema economico finanziario retribuisce i propri lavoratori più che i propri omologhi in altri settori specie in posizioni di top-management, dà accesso al credito di fatto solo ai più abbienti e concentra i guadagni azionari “in un piccolo gruppo di investitori” ma fa pagare “i costi delle crisi economiche (...) ai contribuenti”. Secondo il pensiero di Stiglitz, rilanciato dagli autori, la disuguaglianza è una scelta effettuata dal potere. Si è flessibilizzato e liberalizzato il mercato del lavoro allentando le protezioni del lavoratore lasciando le categorie più deboli alla mercé del mercato. Per questo ora più che mai gli autori auspicano un intervento pubblico significativo attraverso riforme fiscali che ridistribuiscano ricchezza, investimenti nella formazione del capitale umano e promozione di politiche del lavoro più inclusive.

L’ascensore sociale rotto:

L’ascensore sociale definisce il “piano” a cui una generazione si trova economicamente e socialmente rispetto alla generazione che l’ha preceduta. Gli autori confermano che “i più giovani di oggi sono relativamente più poveri che i giovani di ieri”.  L’OCSE ha calcolato che in Italia e USA servono in media 5 generazioni per i bambini nati in famiglie a basso reddito per raggiungere il reddito medio. Guardando al “Caso Italia”, per esempio, il 40% dei figli di lavoratori manuali seguono le orme dei genitori, evidenziando una scarsa mobilità sociale dal basso verso l’alto. Questa scarsa mobilità sociale è ingiusta e economicamente dannosa poiché lascia indietro potenziali talenti che potrebbero dare un significativo contributo alla società in termini di innovazione e aumento del PIL. Con la pandemia questa situazione sociale è stata esacerbata e ci possiamo aspettare, stante lo status-quo, che l’ascensore sia ancora più lento in termini di mobilità intergenerazionale.

L'analisi degli autori dimostra che fino agli anni 70’ la crescita economica è stata veloce e distribuita equamente. Successivamente, nei paesi più sviluppati, “con il rallentamento della crescita economica le classi lavoratrici sono state sempre più emarginate da un'economia che è andata via via riservando le sue ricompense a coloro che possiedono un istruzione superiore”. Il nesso accertato, meno disuguaglianze più crescita economica, ha portato prepotentemente nelle agende internazionali il concetto di crescita inclusiva.

La classe media in affanno:

Nell’OCSE la crescita del salario medio della middle-class viene più che ampiamente  compensata dalla crescita dei costi di beni e servizi. Ormai in un contesto dove il costo della vita sale senza una proporzionale crescita dei redditi medi, che sono poco più alti di dieci anni fa, è sempre più difficile, per una famiglia, rimanere nella categoria middle-class. Inoltre, la digital revolution ha avuto e continuerà ad avere un impatto forte sul lavoratore appartenente alla classe media: se non ha le capacità di seguire le nuove necessità dei datori di lavoro in termini digital rischia di essere spinto al piano inferiore dell’ascensore sociale. Per questo, la formazione è la chiave di volta nella diminuzione delle disuguaglianze all'interno della classe media stessa.

Competenze e istruzione:

L’istruzione e l’aggiornamento delle competenze sono ormai di fondamentale importanza per giovani e non in un mondo che richiede delle skills sempre maggiori e più trasversali. Nella maggioranza dei paesi OCSE le persone laureate guadagnano in media il 54% in più dei diplomati. A livello paese studi dimostrano che l’aumento di un anno del livello di istruzione della popolazione “in età lavorativa si associa nel lungo periodo ad un aumento fra l’8-10% del PIL pro capite” questo per una rafforzata capacità produttiva e innovativa del singolo. Per quanto riguarda l’Italia il focus da dare alla formazione è particolarmente cruciale visto anche l’impatto compromettente della DAD sulle competenze delle generazioni future. La riforma della “Buona scuola” aveva già introdotto elementi innovativi, quali l’alternanza scuola-lavoro obbligatoria che permette ai giovani di acquisire quelle soft skills così richieste da molti datori di lavoro. Adesso, con i fondi PNRR, ulteriori interventi saranno necessari per rilanciare le competenze dei nostri giovani. Per quanto riguarda la formazione degli adulti ora più che mai l’ottica deve spostarsi sul concetto di lifelong learning.

Effetto cicatrice COVID:

Dall’esordio della pandemia, il già significativo 13,4% di NEETs nei paesi OCSE è salito del 12% e la disoccupazione giovanile ha avuto un’impennata. Tutto ciò produrrà un cosiddetto “scarring effects” in termini di carriera futura e quindi di guadagni. Secondo gli autori si devono rafforzare le politiche attive per sanare l’emergenza occupazionale dei giovani. La maggioranza dei paesi OCSE offre aiuti ai datori di lavoro che li assumono. Tre quarti dei paesi OCSE hanno rinforzato programmi di studio-lavoro che erano stati bloccati dalla pandemia. Metà dei paesi OCSE ha dato finanziamenti per la salute mentale ai giovani che sono stati i più impattati dallo shock pandemico. Guardando all’Italia, si deve quindi uscire dalla logica del sussidio solo a i lavoratori a tempo indeterminato (CIG) considerando aiuti strutturati anche le categorie più a rischio durante i periodi di crisi quali i giovani e le donne che sono la maggioranza dei contraenti di contratti a termine. Meriterebbe un discorso a parte, nell'analisi delle disuguaglianze, il gender gap. Infatti, le donne sono forse, all'interno di tutti le classi sociali, quelle che subiscono il trattamento più disuguale. La differenza fra uomo e donna rimane, anche se declinata in varie “sfumature” ed è un “gap” che persiste "in tutte le aree della vita economica e sociale e in tutti i paesi”.

Non si può non menzionare che la fase che stiamo vivendo di impostazione e implementazione del piano di recovery post-pandemia PNRR che, con le sue politiche attive, è rivolto a risanare il mondo del lavoro e l’economia in generale, subirà gli effetti delle attuali instabilità globali prodotte dal conflitto bellico scoppiato nel Vecchio Continente.

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